Grande avventura in questo week-end arroventato di metà settembre: per la prima volta mi spingo oltre la fatidica soglia dei 42km per affrontare un ultratrail ai piedi del massiccio del Gran Sasso con 56km di percorso su un dislivello complessivo di 1.550metri.
La decisione non è stata facile, nutrivo dubbi principalmente dal fatto di non averla preparata, solo il lavoro estivo, svolto nei trail di montagna e successivamente sulle Dolomiti, era quanto avevo a disposizione; un po' poco per per essere sicuri di chiudere la gara.
Però se non si osa in questi frangenti mai si potrà sperimentare nuove vie e nuovi limiti, la vita è una e và vissuta fino in fondo.
Arrivo sabato in questo delizioso paese tipicamente abruzzese, Castel del Monte, adagiato sul fianco di un rilievo e dirimpettaio di un'altro di nome Calascio. L'appuntamento è con Francois, Nicolas e Claudio, a cui si aggiunge in extremis Gabriele, miei futuri compagni d'avventura, e con i quali mi ritrovo sul viale principale dopo aver sbrigato le formalità del ritiro pettorale. Sistemazione veloce in albergo e passeggiata all'imbrunire ci facilitano il sorgere di un discreto appetito.
Al ristorante dell'hotel si ritrovano gran parte dei partecipanti alla gara e gli organizzatori. Ci sistemiamo tutti insieme in una tavolata e ci gustiamo una cena gustosa ed abbondante a partire dall'antipasto tipico con dei squisiti formaggi passando per un brodo di tortellini, un piatto squisito di ravioli al sugo, un secondo di carne, contorno, cocomero e caffè. Chiacchere, pronostici e battute hanno condito la piacevole serata. La mattina seguente sveglia alle 05,00, preparazione del materiale e colazione leggera ma nutriente.
Alle 07,00 veniva data la partenza con tutti i partecipanti determinati a portare a termine il lungo percorso, compreso Luca con il quale ho fatto conoscenza qualche attimo prima. I primi chilometri vanno via tranquilli con le prime luci che illuminavano le parti alte dei rilievi montani rischiarandoli di una bella luce calda che avrebbe stuzzicato più di un fotografo provetto. Mi accodo a Claudio mentre Nicolas ci precede di un centinaio di metri, Francois invece aspetta il compagno di staffetta al venticinquesimo km. La parte iniziale scorre su andature prudenti, per tutti è la prima esperienza di ultratrail e quindi si viaggia cauti. Si supera agevolmente il ristoro al decimo km, solo acqua, e ci si avvia a quello del ventesimo, situato, dopo una breve ascesa, nel paese di Calascio. Le sensazioni sono buone e le gambe girano bene, il riposo fatto nei giorni precedenti è stata una saggia scelta e ci avviamo su una discreta andatura vesro il cambio staffetta al 25°km posto nelle vicinanze di Santo Stefano di Sessanio. Poco prima ci fermiamo a bagnarci, su suggerimento di una gentile signora che ci offre l'acqua da un tubo del suo giardino; il caldo inizia a farsi sentire anche se manca poco alle 10,00. Un chilometro prima facciamo la conoscenza dello "staffettista" di Francois e ci organizziamo per uno scherzo; precedendolo al punto di scambio avvertiamo Francois che lo staffettista è un vecchietto di 70 anni che stà 7km dietro a noi e procede sempre più lento, ci guarda preoccuparti ma poco dopo capisce lo scherzo vedendolo arrivare. Ci supera prendendoci in giro e con un altro passo si avvia sul percorso. Poco dopo comincio a soffrire, l'andatura è rallentata ma comincio ad ansimare come se stessi correndo veloce, oltretutto anche nelle leggere discese. Mi fermo per un pit-stop ma la situazione non migliora e allora dico a Claudio che può ripartire tranquillo, farò gara al mio nuovo ritmo sperando per il meglio. Supero il ristoro del trentesimo e continuo a bere abbondantemente, pensando che sia un problema di disidratazione o perdita di sali minerali, nel contempo, come da inizio gara, regolarmente aspiro dal mio camel-bag una soluzione di Enervit preparata prima di partire. Prendo un gel e riparto, la situazione peggiora con l'avanzare. Al 32esimo mi fermo, mi rilasso, rialzandomi provo a ripartire ma insieme ricomincia il respiro affannato, penso di ritirami, sono a due km dal ristoro precedente, basta scendere a valle e posso lasciare, non ce la faccio a continuare così. Non riesco a capire cosa mi stà capitando, una sensazione di nausea mi assale ma non sembra qualcosa di stomaco, mi siedo e dopo un po' rigetto tutti i liquidi presi dall'inizio gara: una fontana che mi libera completamente. Rimango stordito, da solo, a ragionare sul da farsi. Aspetto un poco e riparto camminando, sotto il sole proseguo ma mi rendo conto che non potrò più bere dal camel-bag: in sostanza la soluzione di Enervit è troppo densa perché possa essere assorbita dal mio stomaco e non ho alternative. Il prossimo ristoro è al quarantesimo e l'arsura si fa sentire in bocca, il sole picchia duro e nel percorso non c'è traccia di ombra. Con molta calma, cercando di sudare il meno possibile arrivo al ristoro con la bocca impastata e con una forte sensazione di sete, reintegro il camel-bag sedendomi accovacciato all'ombra del pick-up, e mi prendo un bel bicchiere di Coca-Cola che mi stabilizza lo stomaco. A questo punto ho ancora qualche ora davanti a me, decido di provare a proseguire, anche camminando forse riuscirei a rientrare nel tempo massimo; non sarà onorevole ma l'importante è arrivare sul traguardo, oramai ne ho fatti 40, cosa vuoi che siano gli ultimi 16?. Dopo questi ragionamenti autoconvincitori decido a riprendere la gara, anche perché l'altimetria presentava un favorevole profilo, quasi piatto, che avrebbe facilitato non poco l'ingrato compito. Effetivamrente il ristoro e la Coca-Cola producono il loro benefico effetto e ricomincio a corricchiare, supero la soglia psicologica del 42k e mi accorgo che stò per entrare per la prima volta nel mondo ultra. Sono contento e la piccola carica di energia positiva che ne deriva mi consente di continuare a corricchiare, sotto un sole oramai inclemente, per altri chilometri che attraversano una splendida zona rocciosa molto simile ad un canyon, con il suo letto piatto e sabbioso, di un bianco accecante, il che rende il tutto estremamente irreale; non sembra di correre in Italia, potrebbe essere un paesaggio della Nuova Zelanda o dell'Australia e nessuno se ne accorgerebbe. Sono solo, davanti e dietro non cè anima viva ma non corro il rischio di perdermi, il passaggio è obbligato e qualche bandierina rossa lungo il percorso stà li ad indicarmelo. Arrivo corricchiando al ristoro del cinquantesimo, ubicato in fondo ad una piana erbosa costeggiata da una statale, ed in cuor mio sono contento di esserci arrivato: 5okm sono fatti!
Prendo acqua per il mio camel-bag e un po' ne prendo dal mio bicchiere ripegabile, mi siedo 5 minuti per riprendere fiato, sapendo che mi aspettava un muro verticale, corto ma ripido, sul quale avrei faticato molto. Riparto fiducioso ma ben presto mi trovo davanti a quello che fino a pochi istanti fa era un semplice profilo altimetrico: è dura e faticosa!
A piccoli passi guadagno la sommità, mancano 4km perlopiù in discesa, un poco pià tecnica come terreno, che affronto con molta prudenza; le caviglie sono meno reattive e prendersi una storta è questione di un attimo, non voglio certo giocarmi il primato di non essere mai cascato in gara per una piccola disattenzione! Finalmente, all'improvviso, si entra nel paese, questione di pochi passi ancora ed il gonfiabile è a vista! Chiudo in un onorevole 8h 13' questa fatica, ricevo i complimenti di chi è arrivato prima di me, ritiro il buff di finisher e mi avvio felice e contento verso il ristoro...